Sebbene ci sia ancora qualche alunno intento a terminare gli esami di maturità, ci siamo lasciati alle spalle anche questo anno scolastico e necessariamente il mese di luglio rappresenta un momento di bilanci.
Credo a tal proposito di avere una visione “privilegiata”: lavoro da diversi anni in contesto scolastico in diverse scuole milanesi nelle quali, in altrettante diverse forme e modi, mi occupo di supporto a genitori e ad insegnanti e di formazione agli alunni. Gli anni trascorsi a scuola mi permettono di fare alcune osservazioni e anche di identificare quelli che a mio parere possono essere elementi da prendere in considerazione in prospettiva futura.
La scuola è un ambiente affaticato ed è comprensibile; se prima a questo contesto era delegata la sola istruzione didattica, oggi il ruolo che le viene assegnato è ben più complesso: le viene richiesto anche di accogliere, educare, talvolta sopperire a lacune affettive e occuparsi di ogni singolo individuo con le complessità che nel tempo sono andate sempre più intensificandosi. In aggiunta a ciò, si assiste a una altrettanto chiara difficoltà presente nelle famiglie: il tempo che i genitori hanno da dedicare ai propri figli è sempre meno, e ciò comporta, nonostante gli sforzi di ciascuna delle parti, la possibilità di esercitare minor influenza sulla crescita dei propri figli e la riduzione degli scambi affettivi necessari.
La frequente presenza di un conflitto tra insegnanti e genitori non fa che polarizzare le due posizioni e acutizzare le difficoltà e le solitudini di ciascuno di loro; la conseguenza è la creazione di falle nel sistema comunicativo scuola-famiglia che non assicura ai ragazzi un terreno solido su cui poggiarsi e in cui crescere con regole e aspettative condivise.
È bene poi ricordare che certamente questi e altri cambiamenti sono alla base di evidenti trasformazioni dei nuclei classe. Come accennavo prima, si assiste a una crescente complessità dovuta in particolar modo ad una altrettanto aumentata necessità del singolo individuo. Per chi, come me, incontra i ragazzi, è assolutamente innegabile quanto, diversamente da ciò che accadeva anche solo cinque anni fa, gli alunni, laddove è concesso loro di interagire con un adulto (in questo caso il professionista), tendano per la maggior parte a richiedere un’attenzione individuale faticando a riconoscersi parte di un gruppo.
Se dunque sono chiari i funzionamenti riguardo i quali potrei dilungarmi e forse lo farò in future mie riflessioni, sono altrettanto convinta che sia possibile modificare alcuni assetti, a beneficio di tutti, e in special modo delle nuove generazioni. Attenzione però a non cadere nell’inganno del “prima era tutto diverso” o “bisognerebbe tornare a quel che succedeva nella mia scuola” magari venti o trenta anni fa; sarebbe davvero un grande errore non accettare che le cose siano cambiate, che le famiglie, la scuola, il mondo sono diversi; è bene non tornare indietro ma guardare in direzione futura.
Propongo quindi di cominciare a lavorare con gli adulti e tra adulti. Cosa significa? A noi professionisti del benessere spesso viene richiesta consulenza in contesto scolastico per occuparci della formazione dei ragazzi, affrontare dei temi importanti per la loro crescita. Benissimo, ma non credo che basti.
Lavorare con gli adulti e tra adulti significa cominciare ad occuparsi di chi giornalmente accoglie, affronta, educa, istruisce i giovani; significa immaginare non solo gli alunni del qui ed ora, ma anche intere classi di giovani che incontreranno quegli adulti e ad essi si affideranno; significa offrire strumenti a genitori che accompagneranno per sempre i loro figli. Un intervento in contesto scolastico ha il dovere di pensare al futuro.
Psicologa iscritta all’Albo degli Psicologi della Lombardia e psicoterapeuta ad indirizzo psicoanalitico relazionale specializzata presso la Scuola di Specializzazione “Il Ruolo Terapeutico” di Milano. Specialista in disturbi d’ansia, depressione, lutto, separazione e divorzi.