[vc_row][vc_column][vc_column_text]Ultimamente si moltiplicano le segnalazioni di “fake news”, notizie false, nel mio lavoro quotidiano ne rilevo una diffusione quantomeno preoccupante.
In contesto scolastico, ad esempio, nei circle time che organizzo affinché i ragazzi possano sentirsi liberi di esprimere le proprie opinioni e le proprie usanze in rete, potrei definire sistematico quel fenomeno a cui dà l’avvio un alunno che, alzando la mano, chiede: “è vero che…?”. E quella domanda innesca generalmente un dibattito tra coetanei, tra chi crede che sì e chi crede che no, tra chi ha avuto modo di confrontarsi con un adulto e chi invece non ha approfondito la veridicità della notizia.
Spesso queste notizie inesatte hanno come caratteristica la catastroficità, il macabro, l’ignoto. Generano curiosità, stimolano la parte di noi che ama l’oscuro e che si spaventa. Le notizie false innescano la triste “usanza” di non verificare o approfondire, dando per scontato che le realtà descritte dai diversi canali di comunicazione siano necessariamente oggettive. Vere.
E allora perché queste notizie ci attraggono? Io penso che credere nelle fake news rappresenti un tentativo di spostare l’attenzione dai nostri – piccoli – problemi per dedicarci ad altro, o forse uno sforzo per ridimensionare ciò che ci sembra grande – e troppo vicino – attraverso qualcosa di altrettanto grande ma lontano da noi: le fake news ci allontanano dalle nostre paure quotidiane, con un duplice rischio, quello di allontanarsi sempre più da se stessi ed essere protagonisti della diffusione di notizie inesatte.
Penso poi che per la loro risonanza diventino anche dei veicoli di comunicazione: delle fake news posso parlare con tutti, senza alcuna personale implicazione e con una transgenerazionalità che altre forme di notizie non hanno.
E allora se è chiaro il motivo per cui la fake news ci seducono è bene ricordarsi che per i giovani, alla ricerca di facile socializzazione e di leggerezza, il meccanismo è ancora più evidente così come lo è la tendenza ad utilizzare i nuovi mezzi di comunicazione e informazione; tutto ciò, se non accompagnato da una adeguata educazione, genera rischio.
Cosa fare allora?
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Psicologa iscritta all’Albo degli Psicologi della Lombardia e psicoterapeuta ad indirizzo psicoanalitico relazionale specializzata presso la Scuola di Specializzazione “Il Ruolo Terapeutico” di Milano. Specialista in disturbi d’ansia, depressione, lutto, separazione e divorzi.