La scuola è stata il mio primo amore.
Anna era la mia maestra e senza di lei non credo che sarei riuscita a svolgere la mia professione. Era una donna severa ma giusta, le sue pratiche educative, che oggi probabilmente riceverebbero molte critiche, sono state il mezzo attraverso cui ha gestito una classe eterogenea e piuttosto complessa, riuscendo a introdurre nei primi anni 90 i temi dell’integrazione e della tolleranza, argomenti con i quali purtroppo molti sembrerebbero far fatica anche trent’anni dopo. Ricordo con grande piacere un laboratorio proposto nel quale il compito di ciascuno di noi consisteva nel portare in classe qualcosa di caratteristico del proprio Paese, regione o città di provenienza: il risultato fu uno straordinario mix di colori, odori, sapori e musica.
Anna è uno dei motivi per cui quando mi è stato chiesto dove avrei voluto spendere le mie competenze professionali non ho esitato a rispondere: a scuola. Ed è così che con un po’ di impegno e insistenza ho cominciato a fare dei piccoli progetti, prima come tirocinante e poi come psicologa. Ho fatto formazione, informazione, sensibilizzazione su svariati temi e in più di un decennio non credo di riuscire a contare il numero di alunni, insegnanti e genitori che ho incontrato.
La SCUOLA, quella scuola che speravo che si sarebbe evoluta seguendo l’approccio di Anna, è una scuola che ho sempre faticato a ritrovare nella pratica professionale.
La figura dello psicologo, del quale si parla in continuazione, è costantemente fraintesa nel ruolo e nelle possibilità di azione, spesso svalutata, talvolta idealizzata. Una delle fatiche è gestire i labili confini che gli spazi frequentemente malconci non aiutano a definire; un’altra criticità riguarda il tempo, da non “rubare alla didattica”, come se ragionare sui processi affettivi non fosse educativo.
Lo psicologo è un consulente che viene di frequente considerato alle dipendenze, dimenticando invece che la potenzialità di un ruolo che agisce su un sistema senza però farne totalmente parte è una visione obiettiva e più critica dei processi; inoltre una professionalità formata per sostenere tutti gli attori del sistema scolastico (alunni, genitori, insegnanti, personale altro) dovrebbe essere caldeggiata, sostenuta e richiesta da tutti gli attori. La mia personale esperienza all’ingresso nel contesto scolastico è uno smodato bisogno di sostegno fiancheggiato da una fatica immane a trovare un modo per comunicare questa necessità. Ne risultano scarse domande di aiuto poste in ogni luogo e modo, fuorchè negli spazi e nei tempi dedicati.
Da ciò deriva un costante turnover di colleghi, un avvicendarsi di anno in anno di volti diversi che non aiutano né il contesto né la professione ad affermarsi e a fornire la continuità che un luogo così delicato richiede.
Ritengo che la complessità degli accadimenti, interni alla scuola e culturali, necessitino di essere attenzionati e sostenuti dalla figura professionale dello psicologo ma che questo oggi può essere possibile solo nelle realtà che comprendono le modalità operative necessarie affinchè il professionista possa far parte del contesto come valore aggiunto, viceversa penso che nessun accordo scuola-professione possa essere davvero utile.
Ed è per questo che da un paio d’anni a questa parte, nonostante le richieste e i corteggiamenti, la mia scelta è stata quella di dedicare il mio spazio professionale solo a una ridotta quantità di istituti e realtà milanesi che a mio parere spiccano per innovazione, di pensiero e di realizzazione progettuale.
Rimango comunque molto grata per tutto ciò che di bello, emozionante e coinvolgente mi ha dato la scuola, in primis, tante persone che per fortuna ancora oggi mi accompagnano.
Non è la fine di un amore, ma l’inizio di un amore forse un po’ meno sognante.
Psicologa iscritta all’Albo degli Psicologi della Lombardia e psicoterapeuta ad indirizzo psicoanalitico relazionale specializzata presso la Scuola di Specializzazione “Il Ruolo Terapeutico” di Milano. Specialista in disturbi d’ansia, depressione, lutto, separazione e divorzi.