Esistono tante maternità quante sono le donne di questo mondo.
Questa è una delle premesse imprescindibili del lavoro sulla genitorialità; a mio parere è anche un presupposto cui ciascuno di noi, indipendentemente dal ruolo che ricopre, avrebbe l’obbligo di tener conto quando si affaccia a un tema così ampio, complesso e delicato; ed è infine anche l’assetto mentale, il pensiero che dovrebbe guidarci ogni volta che parliamo di maternità o ci rivolgiamo a una mamma.
È una tematica che ho definitivo ampia perché la maternità è multifattoriale, coinvolge la donna da moltissimi punti di vista.
Dapprima quello fisico: le madri sono coinvolte in un cambiamento ormonale ed estetico senza eguali. Il corpo non è più solo sostegno a un individuo ma è nido per l’accoglienza di una nuova vita. Un corpo che evolve, si ingrandisce, si modifica e cambia forma per accogliere.
Ed ecco qui uno dei primi grandi motivi di sofferenza di molte madri. L’evidenza fin dai primissimi momenti che il corpo non sarà più quello di prima, che nulla tornerà ad essere come prima. Un’evidenza spesso lontana dall’accettazione, una nuova realtà che necessita di essere elaborata, che si identifica in uno spartacque tra un prima e un dopo.
Dal punto di vista psicologico, diventare madri è un processo sconvolgente, significa pensarsi per sempre seconde. Questo è tanto più possibile e semplice se si ha avuto modo di ricevere delle cure di qualità dalle proprie figure di accudimento. Non è infrequente, e anzi in alcuni casi è proprio bene, che nelle fasi che precedono l’arrivo dei figli le mamme desiderino affermarsi e lo facciano anche attraverso una ridefinizione di sè, ribadendo alle famiglie di origine la propria nuova posizione, il passaggio dall’esser figlie al diventare madri.
E se fino ad ora non ho affrontato il ruolo dei padri è perché mi piacerebbe approfondirlo in un secondo altro momento. Mi limiterò a coinvolgerli in merito a un ulteriore cambiamento che avviene nella coppia con l’arrivo in un terzo. Un terzo sconosciuto, con i suoi bisogni e che la coppia dovrà accogliere e imparare a conoscere, mettendolo al centro di una quotidianità che vedrà una battuta d’arresto delle consuetudini in favore del cambiamento dei propri ritmi e delle proprie abitudini. Inevitabile la fatica che per moltissime coppie può trasformarsi in lontananza. Una distanza che può esitare in una crisi di coppia con la necessità di riflessioni più profonde e radicali.
Desiderare la maternità può essere un fattore protettivo perché averla scelta può significare aver considerato tutti questi elementi. Ciò nonostante, i vissuti quotidiani possono mettere a dura prova anche una donna consapevole e convinta della scelta fatta.
E qui entra in gioco il ruolo della psicoterapia. Avere a disposizione uno spazio di riflessione su questi temi è auspicabile: il consiglio per le mie pazienti è di farsi sempre seguire nel corso di una gravidanza o, nell’iter adottivo, in attesa di un bimbo (in questo secondo caso è prevista l’obbligatorietà). Lo spazio psicoterapeutico è un luogo nel quale affrontare le fatiche e le paure che possono derivare da un momento così critico.
Ed infine alcune brevi riflessioni che spero possano essere utili alle mamme che mi leggono e che sono l’esito degli incontri con le mie pazienti mamme e figlie, che ringrazio per gli spunti di riflessione che sanno offrirmi.
Essere mamme non vuol dire essere esenti da criticità, ma imparare ad affrontarle. Vivere la maternità come qualcosa talvolta di faticoso non vuol dire amare poco o meno i propri figli, vuol dire semplicemente essere stanche, ed essere stanche è un diritto. Così come è un diritto poterne parlare e sentirsi accolte.
La maternità non è solo poesia.
Psicologa iscritta all’Albo degli Psicologi della Lombardia e psicoterapeuta ad indirizzo psicoanalitico relazionale specializzata presso la Scuola di Specializzazione “Il Ruolo Terapeutico” di Milano. Specialista in disturbi d’ansia, depressione, lutto, separazione e divorzi.