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Da diverso tempo mi occupo in ambito clinico e scolastico dell’uso della rete e comportamenti ad essa connessi. Trattandosi di un fenomeno molto complesso, conseguenza e causa di trasformazioni storiche, sociali, relazionali che coinvolgono tutti i contesti di vita, oggi avvierò una generale riflessione, ripromettendomi di approfondire ciascuna tematica in successivi articoli.
La rete, così è stata intesa nel periodo definito Web 1.0, è stata creata, e mediante il lancio di Internet Explorer ciò è stato più evidente, con il fine di poter reperire informazioni in modo pratico e veloce, inserendosi nella vita dei suoi fruitori come un mezzo facilitatore di alcuni processi lavorativi o di conoscenza.
Il suo sviluppo, a partire dalla fine degli anni Novanta, ha proseguito nella direzione di una rivoluzione digitale che ha radicalmente modificato il modo di intendere la rete ma che ha cambiato e sta trasformando il modo di vivere le relazioni.
L’utente, prima era un semplice ricercatore di informazioni, con il Web 2.0 è coinvolto dal punto di vista personale. I social network rappresentano un chiaro esempio di tale trasformazione: attraverso i profili social ciascuno racconta qualcosa di sé, della propria vita, sceglie quali elementi mostrare e cosa invece preservare dalla diffusione.
Questa scelta, ovvero la definizione di cosa è pubblico e cosa è privato, soggettiva e ardua persino per noi adulti, per i nativi digitali diventa un’impresa. Per loro l’esistenza di un mondo connesso non è novità ma è prassi; fin dalla nascita hanno un contatto diretto con gli strumenti tecnologici e spesso a partire dai primissimi anni di vita sanno utilizzarli in modo ineccepibile.
Tale abilità rappresenta certamente una potenzialità per le nuove generazioni, ma non è esente da rischi.
Primo tra tutti, e forse anche il più trattato dalla cronaca: il cyberbullismo. Con questo termine si intendono una serie di azioni o comportamenti di bullismo e di molestia (flaming, cyberstalking, happy slapping, esclusione, etc.) che vengono effettuati per mezzo del web.
Non necessariamente correlato ma spesso citato insieme al cyberbullismo, il sexting, ovvero quel fenomeno che consiste nell’invio di messaggi, testi e/o immagini sessualmente espliciti, principalmente tramite il telefono cellulare o tramite altri mezzi informatici.
Un ulteriore rischio connesso alla rete è la dipendenza da internet (sarebbe più opportuno parlarne al plurale, ma mi riservo di approfondirlo in un futuro articolo), definizione che racchiude una varietà di comportamenti legati al discontrollo degli impulsi in rete.
Sebbene tali problematiche si presentano con maggior frequenza in età scolare, rilevo come ci sia un coinvolgimento anche tra gli adulti, da almeno due punti di vista: direttamente, perché anche gli adulti, contrariamente al pensiero comune, possono essere vittime di cyberbullismo e, indirettamente, laddove si sia implicati in veste di genitori o, più in generale, di educatori (insegnanti, allenatori, etc.).
Un dato particolarmente evidente è come il web abbia introdotto alcuni sostanziali cambiamenti nel modo di concepire e vivere le relazioni. I contesti familiari, in presenza di un giovane, vivono una frattura tra generazioni che a tutti noi è sconosciuta; il tempo e lo spazio prima dedicati a un numero esiguo di relazioni “in carne e ossa” lasciano spazio a un numero decisamente superiore di rapporti sostenuti o sostituiti dal contatto in rete; le modalità comunicative sono caratterizzate da velocità e incisività del messaggio ma non lasciano spazio alla condivisione reale del significato emotivo che veicolano; i corpi non sono più vissuti ma guardati.
Se lo svantaggio di tale cambiamento risiede specialmente nella diminuzione della prossimità tra individui, un dato curioso è che il web ha annullato le distanze laddove prima queste rappresentavano un vincolo. La rete permette a persone di tutto il mondo di scambiarsi opinioni, di raccontare stili di vita e culture, possibilità che prima del suo avvento erano del tutto impensabili. Inoltre il web rappresenta un’occasione vantaggiosa per coloro che avrebbero faticato nel complesso mondo delle relazioni: consente infatti di socializzare a distanza, riducendo il timore del primo incontro.
Internet ha portato vicino chi era lontano, ma ha diminuito i livelli di intimità con coloro che in potenza sarebbero vicini, riducendo di fatto la corporeità e l’intensità delle relazioni. Più comprensibile dunque è il senso di solitudine che riportano i ragazzi ma anche gli adulti, laddove non bastano molti like o followers sul web, se non sono accompagnati da riconoscimenti, affetto e amici nella vita reale.
Forse la questione non è domandarsi quanto si è “social” o “non social”, piuttosto chiedersi se la vita virtuale trova corrispondenza in quella reale.
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Psicologa iscritta all’Albo degli Psicologi della Lombardia e psicoterapeuta ad indirizzo psicoanalitico relazionale specializzata presso la Scuola di Specializzazione “Il Ruolo Terapeutico” di Milano. Specialista in disturbi d’ansia, depressione, lutto, separazione e divorzi.